giovedì 18 ottobre 2007

La città è uno stato d'animo

La frase del titolo viene sovente (specie dagli accademici genovesi) attribuita a R.S.Lopez, grande storico del medioevo nato a Genova ma professionalmente affermatosi negli USA.
In realtà, Lopez riprese nel 1955 questa definizione, e la applicò alla città medievale.
La definizione originale, viceversa (secondo le mie fonti), si deve a Robert Park, sociologo della Scuola di Chicago, che nel 1915 nel saggio "La città" scriveva:
"La città è qualcosa di più di una congerie di singoli uomini e di servizi sociali, come strade, edifici, lampioni, linee tranviarie e via dicendo; essa è anche qualcosa di più di una semplice costellazione di istituzioni e di strumenti amministrativi, come tribunali, ospedali, scuole, polizia e funzionari di vario tipo. La città è piuttosto uno stato d'animo, un corpo di costumi e di tradizioni, di atteggiamenti e di sentimenti organizzati entro questi costumi e trasmessi mediante questa tradizione".
Come che sia, prendiamo per buona la definizione e applichiamola a una città a caso, ad esempio Genova.
Fino a tre anni fa, lo stato d'animo-Genova era di entusiasmo, eccitazione, ritrovato orgoglio, fiducia nel futuro. Si veniva dalle Colombiane (del 1992), ma soprattutto dal G8 del 2001 e dal 2004 di GeNova Capitale europea della Cultura.
Si percepiva chiarissima, nel settore pubblico, ma anche in quello privato, la sensazione di stare vivendo un momento di rinascita, di grande attenzione mediatica internazionale, di essere di nuovo - dopo decenni - una città che valeva la pena prendere in seria considerazione per lavorarci, per fare una visita turistico-culturale, per studiarci.
Sono passati meno di tre anni, e quello spirito sembra perduto.
Si percepisce un'aria di inceretezza, una demotivazione, una perplessità di fronte all'inesorabile immobilismo di Genova.
Ne sono prova, non solo le diatribe ormai aperte e pubbliche sui progetti pubblici, ma anche quelle interne al soggetto privato per eccellenza, vale a dire Confindustria, dove le controversie legate alla nuova Presidenza sono frutto di una mancata comunità di intenti.
Si coglie chiaro, insomma, uno stato d'animo "paludoso", rispetto a quello "veleggiante" di pochi anni orsono.
La bella Notte Bianca di metà settembre ha sì rallegrato gli animi (esclusivamente quelli genovesi, va detto, perchè fuori da Genova dubito che qualcuno se ne sia accorto), ma non basta di fronte al fatto che ad oggi davvero quasi nessun progetto sembra avanzare.
Si pensi ad esempio al Porto, rispetto al quale non è chiara quale strategia di sviluppo si voglia perseguire, se puntare a 10 milioni di teus (con relativa necessità di infrastrutture) o se invece incrementare di poco i traffici ma sviluppare il valore aggiunto dato dallo "shipping".
Si pensi al settore culturale (che, tra parentesi, è stato anche nel 2004 visto sempre come funzionale all'immagine della città e non come fine a se stesso), rispetto al quale non è chiara quale identità si voglia affermare, se il '600 o il contemporaneo o la cultura socializzata o altro.
Si pensi infine all'aeroporto, alla Fiera, al marketing territoriale, ai progetti infrastrutturali: non decolla niente...
E tutto ciò si ripercuote sullo stato d'animo della città, inviluppandosi in un gorgo da cui sembra difficile uscire.

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